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Per un dialogo con Dio

Riflessioni sulla preghiera





Questo studio sulla preghiera riporta integralmente il contenuto del libro "PER UN DIALOGO CON DIO" di GUY APPÈRÉ - Edizioni E. P. - C. P. 20 - Finale Ligure (SV)




Capitolo 6: La perseveranza e la preghiera





1. Introduzione

2. La perseveranza

2.a I problemi della preghiera

2.b Necessità della perseveranza




1. Introduzione

La preghiera efficace è quella che s’inserisce nel senso della volontà divina. Tale, da parte di Dio, è la condizione per l’esaudimento.

Ma ci sono pure altre esigenze alle quali abbiamo la piena responsabilità di conformarci.

La Bibbia, in effetti, contiene delle promesse formali che sovente si mostrano incondizionate.

Quando, peraltro, le si esamina più da vicino, si scopre rapidamente che tali non sono affatto: quasi sempre, le promesse divine sono legate a condizioni più o meno esplicite.

2. La perseveranza

Tratteremo innanzitutto della "perseveranza" che taluni faticano a conciliare con l’idea della sovranità di Dio e con le parole medesime di Gesù: «E nel pregare non usate soverchie dicerie come fanno i pagani, i quali pensano d’essere esauditi per la moltitudine delle loro parole. Non li rassomigliate dunque poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate» (Matt. 6:7-8)

Per taluni, questa dichiarazione del Signore e le conclusioni che ne abbiamo tratto possono mettere in questione l’utilità stessa della preghiera: a quale scopo pregare Dio, se Egli sa prima ancora che noi apriamo bocca?

E poi, la sottomissione alla volontà di Dio, sulla quale tanto abbiamo insistito, potrebbe venire interpretata come scoraggiante la perseveranza nella preghiera, contraria persino alla preghiera della fede.

Due parabole, quella dell’amico insensibile e quella del giudice iniquo (Luca 11:5-13), completano ed equilibrano quello che abbiamo detto qui sopra, ricordandoci che l’esaudimento è il frutto d’una preghiera perseverante, di un’insistenza disperata (Luca 18:1-8).

Che parabole strane, quelle impiegate da Gesù per descriverci le vie divine! Perché fa Egli appello ad immagini così poco simpatiche, l’uomo egoista e il giudice privo di coscienza, per parlarci di Dio?

2.a I problemi della preghiera

Dobbiamo esaminare, innanzitutto, una constatazione conturbante che non sempre si ha il coraggio di confessare e che conduce ad un rilassamento nella preghiera, a uno scetticismo che talora si cerca di nascondere e che finisce con il ricorrere alle resistenze più forti, estinguendo il primo amore e fare del cristiano un rassegnato involontario.

Parliamo comunemente delle gloriose vittorie che la preghiera può riportare: con essa tutto è possibile! Non c’è che da rivolgersi a Dio ed Egli allontanerà da noi ogni difficoltà; la preghiera è un’arma invincibile che ha ragione di tutto!

Ma non è, questa, che una bella teoria, smentita costantemente dalla nostra esperienza, come constatiamo nei fatti?

Quando ci siamo trovati nella prova e abbiamo invocato Dio, ci ha Egli ridato all’istante delle forze in risposta alla nostra preghiera? Forse; ma lo ha fatto sempre?

Quando non avevamo denaro a sufficienza per far quadrare il bilancio a fine mese, e ci siamo rivolti a Lui, ci ha inviato un angelo o un amico con un assegno? Può darsi che qualche volta sia successo anche questo; ma non ci ha Egli lasciati, qualche altra volta, nell’imbarazzo?

Oggigiorno taluni dei Suoi figli patiscono la fame perché altri suoi figli chiudono il loro cuore alla sofferenza: sì, certuni soffrono gridando a Dio!

Non sono, questi, dei fatti?

Gesù ci descrive l’amore paterno di Dio in una maniera estremamente toccante e, piena di poesia. Ci piace rileggere la magnifica pagina delle Scritture in cui Gesù parla della cura che il Padre ha degli uccelli del cielo e del giglio del campo (Matt. 6:19-34).

Ma dov’è la Provvidenza divina in questo mondo d’ingiustizie, di miserie e di morte?

C’è chi la nega: «Dio è morto: ogni fede appartiene al passato, non è che superstizione, speranza indubbiamente utile, però vuota».

Altri, senza negarla, esitano a confessare a se stessi la propria perplessità, fors’anche il loro scetticismo.

Perché Dio non risponde, perché tarda tanto? Perché?

È nei momenti di dubbio che Dio può apparire come quell’amico o quel giudice che non vogliono rispondere.

Le parabole di Gesù ci descrivono Dio, in realtà, non come Egli è veramente, bensì come lo vede nella sua notte l’uomo in preda al dubbio, allo scetticismo: quando la prova lo sommerge ed egli non capisce più nulla.

Un amico dal cuore insensibile, un giudice iniquo, ecco come Dio appare al credente messo alla prova, per la sua lentezza nell’intervenire.

Ed è una tentazione che può assalire più d’un vero cristiano.

All‘inizio della nostra vita cristiana, forse abbiamo pensato che il peccato fosse stato vinto per sempre.
Il Signore ci ha fatto riportare delle magnifiche vittorie che ci hanno confermati in tale impressione, e poi, più tardi, abbiamo avuto a che fare, più e più volte, col peccato sempre ricorrente!
Abbiamo tante volte gridato a Dio di liberarci dal male, ma ecco che questo riappare di continuo!
Lo abbiamo colpito, ma evidentemente invano: le vittorie sono succedute alle sconfitte, ma anche le sconfitte alle vittorie.

Avevamo creduto di essere «arrivati» e invece bisogna sempre ripartire!

Il Signore ci ha dato certamente delle vittorie durevoli, definitive; ma in certi campi noi stiamo ancora lottando. A certuni ha dato un alto grado di santità, ma altri sono sempre impegnati in una battaglia che sembra non avere mai fine.

È vero che alcuni «per fede vinsero regni, operarono giustizia, ottennero adempimento di promesse, turarono le gole di leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, guarirono da infermità, divennero forti in guerra, misero in fuga eserciti stranieri» (Ebr. 11:33-34);

è altrettanto vero che «altri furono torturati perché non accettarono la loro liberazione per ottenere una risurrezione migliore; altri furono messi alla prova con scherni, frustate, anche catene e prigionia» (Ebr. 11:35-36).

La parabola del giudice iniquo ricorda il divario, talora conturbante, che esiste tra la preghiera «Venga il Tuo Regno» (Luca 11:2) ed il suo esaudimento.




Come comprendere questo silenzio di Dio davanti alla sofferenza dei Suoi figli?

Perché è proprio di questo che parla la parabola. «E Dio non farà egli giustizia ai Suoi eletti che giorno e notte gridano a Lui, e sarà egli tardo per loro? Io vi dico che farà loro prontamente giustizia» (Luca 18:7-8)

La parabola dell’amico egoista, poi, ricorda il divario, anch’esso talora conturbante, che esiste tra la preghiera «Venga il tuo Regno» intesa, questa volta, nel campo della nostra santificazione: - venga il Tuo regno nel mio cuore - ed il suo esaudimento. «Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glieLo domandano!» (Luca 11:13)

(Qui, quando parla dello Spirito Santo, non si riferisce alla Sua Persona, ma ai Suoi doni, alla Sua forza, alla Sua vittoria). Questi devono ottenersi per la perseveranza.*

Tale divario tra la promessa e la sua realizzazione sicura, tra la preghiera ed il suo esaudimento, tra la rigenerazione e la sua santificazione perfetta, tra il seme del Regno di Dio (il granello di senapa di un’altra parabola) ed il suo dominio universale (l’albero che ripara gli uccelli del cielo), non deve stupirci, bensì stimolarci alla perseveranza nella preghiera.

* Per onestà intellettuale dobbiamo sottolineare che non condividiamo questa interpretazione, ma che, invece, crediamo trattarsi proprio della Persona dello Spirito Santo, ovvero del Battesimo nello Spirito Santo.

2.b Necessità della perseveranza

Ecco a qual fine tendono le due parabole dell’amico e del giudice.

Se un amico egoista finisce col rispondere a colui che gli chiede tre pani,

se un giudice iniquo finisce per cedere davanti all’insistenza di una postulante,

e se un padre, magari cattivo, non da una serpe al figlio che gli chiede un pesce,

quanto maggiormente dovrà Dio rispondere alla preghiera perseverante dei Suoi figli! (Luca 11:11-13)

Anche se Dio appare al dubbioso come un amico egoista o come un giudice insensibile, pure in realtà non è così.
E la costatazione dolorosa che noi abbiamo fatto conduce ad un’esortazione incoraggiante:
«Io altresì vi dico: Chiedete, e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate, e vi sarà aperto. Poiché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, e sarà aperto a chi picchia» (Luca 11:9-10).

Rileviamo, in entrambe le parabole, il silenzio completo di Gesù sulle ragioni della lunga attesa da parte di Dio.
Nessuna spiegazione Egli fornisce a quello che per noi è sovente un mistero doloroso.

Egli avrebbe potuto mostrare che la lentezza di Dio nell’esaudire corrisponde all’ordine della natura. Ogni accrescimento nella creazione, è progressivo.
Avviene soltanto nei racconti di fate che dal seme nasca all’istante un albero, o che un fanciullo diventi di colpo un uomo.
Nella creazione invece non è così, e nemmeno nella nuova creazione.


Gesù avrebbe potuto ricordare che la pazienza si esercita soltanto nell’attesa, che non matura dall’oggi al domani nella vita cristiana (Rom. 5:3-4): a Mosé occorsero quarant’anni! (Num. 12:3).

Avrebbe potuto fare rilevare ancora che l’attesa rende la cosa desiderata più preziosa e che le sofferenze del tempo presente renderanno più gloriosa la gloria a venire (Rom. 8:24-25).

Avrebbe potuto spiegare che la prova della fede è più preziosa dell’oro.

Tutto ciò è vero, e noi ne siamo perfettamente convinti oggi che tutto va bene (1Pt. 1:7); ma ragionamenti così giusti non hanno alcun effetto su colui che sta nella notte della prova, della lotta incessante e del dubbio; per colui del quale è stata indebolita la vita spirituale al punto che non può vedere più nulla e dubita di tutto.

Per questo, forse, Gesù nella Sua divina saggezza non si perde in spiegazioni e in giustificazioni delle vie di Dio, e si limita ad assicurare con tutta la Sua autorità: «Io vi dico: domandate, e vi sarà dato» (Luca 11:9).

Anche se dubitiamo della bontà di Dio,

anche se dubitiamo della Sua volontà di aiutarci e salvarci,

anche se non vediamo la Sua forza intervenire nella nostra debolezza,

anche se noi crediamo che Dio ci abbia abbandonati; insomma,

anche se Dio ce lo figuriamo come un amico insensibile e un giudice iniquo ...

bussiamo, ed Egli ci aprirà. Anche se Dio fosse quello che noi possiamo credere, non ci sarebbero motivi di disperare. C’è ancora da sperare da un amico egoista, da un giudice iniquo, da un padre malvagio e non ci sarebbe più nulla da sperare da Dio? «Quanto più a ragione il Padre celeste donerà lo Spirito Santo (vale dire la luce, la vittoria, la santificazione) a coloro che Glielo domandano» (Luca 11:13)

Abbiamo noi una nozione sufficientemente viva ed intensa delle nostre necessità per alimentare una perseveranza a tutta prova?

Abbiamo realmente il desiderio di essere purificati dal peccato per perseverare nella preghiera, per lottare nella preghiera fino alla vittoria?

Abbiamo davvero il desiderio di vedere altre anime condotte a Cristo, per perseverare nella preghiera, per lottare nella preghiera fino alla loro salvezza

Colui che, sulla croce, doveva gridare verso il cielo una preghiera rimasta per un istante senza risposta «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?» (Matt. 27:46), che ha conosciuto il silenzio misterioso di Dio, ci dichiara: «Io altresì vi dico: Chiedete, e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto» (Luca 11:9).

Così, colui che avrà sinceramente chiesto aiuto a Dio, riceverà certamente il soccorso invocato.
Colui che avrà davvero cercato Dio con tutto il cuore, non potrà mancare di trovarLo. E colui che bussa alla porta di Dio, sospirando dopo la sua comunione, si vedrà aprire.


Se Dio conosce i nostri desideri e le nostre preghiere prima ancora che esse affiorino alle nostre labbra,

e la Sua gioia più grande sta nell’esaudirle,

pure la Sua saggezza ed il Suo amore Gli hanno suggerito di provare talvolta la nostra perseveranza, vale a dire, insomma, la sincerità dei nostri bisogni e del nostro amore.


Non possiamo darGli fiducia?


RIASSUMENDO:

Con riferimento alla preghiera, la Bibbia contiene delle promesse formali che sovente si mostrano incondizionate. Quando, peraltro, le si esamina più da vicino, si scopre rapidamente che tali non sono affatto: quasi sempre, le promesse divine sono legate a condizioni più o meno esplicite.


La perseveranza

Taluni faticano a conciliare l’idea della sovranità di Dio e con le parole medesime di Gesù: «... il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate», mettendo in questione l’utilità stessa della preghiera: a quale scopo pregare Dio, se Egli sa prima ancora che noi apriamo bocca?

E poi, la sottomissione alla volontà di Dio, sulla quale tanto abbiamo insistito,


I problemi della preghiera

Parliamo comunemente delle gloriose vittorie che la preghiera può riportare: con essa tutto è possibile! Ma non è, questa, una bella teoria, smentita costantemente dalla nostra esperienza, come constatiamo nei fatti?

Gesù ci parla della cura che il Padre ha degli uccelli del cielo e del giglio del campo, ma dov’è la Provvidenza divina in questo mondo d’ingiustizie, di miserie e di morte?

Perché Dio non risponde, perché tarda tanto? Perché?

È nei momenti di dubbio che Dio può apparire come quell’amico o quel giudice che non vogliono rispondere.

Le parabole di Gesù ci descrivono Dio, in realtà, non come Egli è veramente, bensì come lo vede nella sua notte l’uomo in preda al dubbio.

È vero che alcuni «per fede vinsero regni, operarono giustizia, ...» , ma è altrettanto vero che «altri furono torturati ..., furono messi alla prova con scherni, frustate, anche catene e prigionia.

Come comprendere questo silenzio di Dio davanti alla sofferenza dei Suoi figli?

È proprio di questo che parla la parabola del giudice iniquo, di Dio che farà che farà prontamente giustizia a chi grida a Lui.

La parabola dell’amico egoista, poi, ricorda il divario tra la promessa e la sua realizzazione sicura, tra la preghiera ed il suo esaudimento.


Necessità della perseveranza

Rileviamo, in entrambe le parabole, il silenzio completo di Gesù sulle ragioni della lunga attesa da parte di Dio.

- Egli avrebbe potuto mostrare che la lentezza di Dio nell’esaudire corrisponde all’ordine della natura.

- Gesù avrebbe potuto ricordare che la pazienza si esercita soltanto nell’attesa.

- Avrebbe potuto fare rilevare ancora che l’attesa rende la cosa desiderata più preziosa.

- Avrebbe potuto spiegare che la prova della fede è più preziosa dell’oro.

Tutto ciò è vero, e noi ne siamo perfettamente convinti oggi che tutto va bene, ma ragionamenti così giusti non hanno alcun effetto su colui che sta nella notte della prova e dubita di tutto.

Per questo, forse, Gesù nella Sua divina saggezza non si perde in spiegazioni e in giustificazioni delle vie di Dio, e si limita ad assicurare con tutta la Sua autorità: «Io vi dico: domandate, e vi sarà dato».

Anche se ci figuriamo Dio come un amico insensibile e un giudice iniquo, bussiamo, ed Egli ci aprirà.

Se Dio conosce i nostri desideri e le nostre preghiere prima ancora che esse affiorino alle nostre labbra, e la Sua gioia più grande sta nell’esaudirle, pure la Sua saggezza ed il Suo amore Gli hanno suggerito di provare talvolta la nostra perseveranza, vale a dire, insomma, la sincerità dei nostri bisogni e del nostro amore.

Non possiamo darGli fiducia?